Qual era dunque la vera essenza di quella creatura? Aveva ella percezione e coscienza della sua metamorfosi costante o era ella impenetrabile anche a se stessa, rimanendo fuori del proprio mistero? Quanto nelle sue espressioni e manifestazioni entrava d'artificio e quanto di spontaneità?
Chi era ella mai?
Era uno spirito senza equilibrio in un corpo voluttuario. A similitudine di tutte le creature avide di piacere, ella aveva per fondamento del suo essere morale uno smisurato egoismo. La sua facoltà precipua, il suo asse intellettuale, per dir così, era l'imaginazione: una imaginazione romantica, nutrita di letture diverse, direttamente dipendente dalla matrice, continuamente stimolata dall'isterismo. Possedendo una certa intelligenza, essendo stata educata nel lusso d'una casa romana principesca, in quel lusso papale fatto di arte e di storia, ella erasi velata d'una vaga incipriatura estetica, aveva acquistato un gusto elegante; ed avendo anche compreso il carattere della sua bellezza, ella cercava, con finissime simulazioni e con una mimica sapiente, di accrescerne la spiritualità, irraggiando una capziosa luce d'ideale.
Ella portava quindi, nella comedia umana, elementi pericolosissimi; ed era occasion di ruina e di disordine più che s'ella facesse publica professione d'impudicizia.
Sotto l'ardore della imaginazione, ogni suo capriccio prendeva un'apparenza patetica. Ella era la donna delle passioni fulminee, degli incendii improvvisi. Ella copriva di fiamme eteree i bisogni erotici della sua carne e sapeva transformare in alto sentimento un basso appetito.